Implantologia: quali sono le possibili complicazioni?

L’implantologia orale con gli attuali impianti in titanio ha consentito negli ultimi anni un livello sempre più predicibile di successo nell’osteointegrazione degli impianti con risultati duraturi nella loro sopravvivenza a lungo termine. Per tale motivo un numero sempre maggiore di dentisti propone ai loro pazienti una soluzione impiantare come terapia ottimale.

Non bisogna, tuttavia, dimenticare che trattasi di un intervento chirurgico vero e proprio, in alcuni casi anche complesso, e che come tale non è mai privo di rischi o complicanze durante l’atto chirurgico stesso o in epoca successiva.

Possiamo essenzialmente distinguere due tipi di complicazioni che possono insorgere nell’ambito dell’implantologia dentale: quelle meccaniche e quelle biologiche.

Le complicanze di tipo meccanico consistono essenzialmente in:

  • Svitamento o frattura della vite che blocca la giunzione impianto-moncone.
  • Frattura del collo dell’impianto
  • Frattura dell’impianto stesso spesso associata a perimplantite (vedi in seguito).

Ma tali complicanze meccaniche sono molto meno gravi per la salute del paziente a paragone delle complicanze di tipo biologico. Queste possono presentarsi nella fase operatoria o a distanza e, talora, indipendentemente da questo.

Le complicazioni che possono insorgere durante l’intervento sono:

  • Emorragie, quando nella preparazione del sito impiantare s’incontra osso debole, spugnoso, trasecolato con forte sanguinamento durante la perforazione.
  • Lesioni del nervo mandibolare o alveolare inferiore e del nervo linguale per utilizzo di impianto lungo o per una preparazione chirurgica più profonda del necessario. Tale lesione neurologica provoca perdita completa di sensibilità o una parestesia (alterazione della sensibilità) nella metà del labbro inferiore corrispondente e nella zona del mento o in metà della lingua.
  • Comunicazione oro sinusale con lacerazione della mucosa sinusale per invasione parziale della vite nel seno mascellare a causa del fallimento di un intervento di minirialzo del seno con dispersione del materiale da innesto nella cavità. In questo caso l’impianto dovrà essere rimosso ed eseguita la chiusura immediata della comunicazione oro-antrale con membrana riassorbibile e sutura.
  • Dislocazione di impianti nel seno mascellare. Lo sconfinamento dell’impianto in toto nella cavità sinusale può avvenire sia al momento dell’intervento, sia più raramente dopo il caricamento protesico dell’impianto. La presenza di un corpo estraneo nel seno mascellare può causare sinusiti e anche migrazioni pericolose di questo. In entrambi i casi il trattamento è chirurgico e consisterà in un intervento di chirurgia endoscopica transnasale del seno mascellare effettuato dallo specialista otorinolaringoiatra.

 

Le complicanze postoperatorie, che compaiono cioè a distanza di tempo dall’intervento, sono:

  • Ascesso. Un ascesso nella zona dell’impianto ha le stesse caratteristiche di un qualunque altro ascesso. Una scarsa attenzione ad evitare la contaminazione batterica da parte dell’operatore o dello stesso paziente può provocare questa infezione acuta purulenta. In tali casi occorre rimuovere l’impianto e curettare attentamente la cavità dopo aver sottoposto il paziente a terapia antibiotica e antinfiammatoria.
  • Perimplantite. E’ la stessa cosa della parodontite (piorrea), ma a carico di un impianto dentale. Consiste in un processo infiammatorio distruttivo che colpisce i tessuti duri e molli intorno a un impianto osteointegrato, determinando così la formazione di una tasca perimplantare e la perdita del tessuto osseo di supporto. E’ il principale motivo d’insuccesso a lungo termine (cioè successivo al caricamento protesico) degli impianti. Le perimplantiti precoci (11% della casistica) sono conseguenza di complicazioni infettive o di errori di tecnica chirurgica o di protesizzazione. Quelle tardive (30% della casistica) avvengono a maggior distanza di tempo e dipendono dalla perdita di un’osteointegrazione, inizialmente ottenuta e poi persa per cause svariate come:
  • sovraccarico biomeccanico, per scorretta esecuzione o progettazione della protesi
  • cause infettive (perimplantite) per assenza d’igiene riconducibile a negligenza del paziente
  • Cause infettive per difficile detersione nella zona dell’impianto e assenza di controlli periodici, attribuibili a colpa di odontoiatra e paziente. Il paziente, che si è sottoposto a terapia impiantare, ha l’obbligo di presentarsi a controlli periodici dal dentista implantologo (ogni quattro mesi circa). Tale necessità di controlli ormai dovrebbe essere ben nota ai pazienti, senza che vi sia un particolare dovere d’informazioni da parte del sanitario. Occorre tenere ben a mente che un impianto dentale, essendo un materiale artificiale inorganico, non è innervato sensitivamente e, quindi, non avverte precocemente (come accade con i propri denti) della comparsa di un problema infettivo. Quando si avvertono i primi fastidi o dolori è ormai troppo tardi e l’impianto dentale è perso insieme a perdita di tessuto osseo per la conseguente osteolisi, accompagnata o no da ascesso.

Prof. Vito Tomasicchio