La carie dentaria (dal latino careo, “essere privo”) è un processo distruttivo  dei tessuti duri del dente (smalto, dentina) di natura infettiva. Si estende dalla superficie in profondità con progressiva decalcificazione e successiva dissoluzione del dente stesso.

La carie è una malattia antica quanto l’uomo. Essa è stata riscontrata nei crani di uomini preistorici vissuti molte decine di migliaia di anni or sono. La sua frequenza, tuttavia, da trascurabile (8%) in tali periodi, è andata sempre più aumentando sino a raggiungere quasi il 90% nell’epoca attuale.

Il sesso più colpito è quello femminile. La sua frequenza è nettamente maggiore in età infantile, mentre in dentatura permanente diminuisce con il passar degli anni. L’alimentazione ha un ruolo molto importante tra le cause di carie per l’aumentato utilizzo di cibi raffinati (zuccheri) e acidi che favoriscono l’aggressione batterica. Fattori favorenti sono anche le malocclusioni dentali (denti storti), che rendono molto difficile la rimozione della placca batterica, e la diminuzione del flusso salivare.

 

Si parla di:

 – carie semplice o non penetrante quando la lesione è limitata allo smalto (grado 1) o anche alla dentina sottostante (grado 2). In tali stadi la carie è asintomatica, cioè non provoca dolore e viene diagnosticata in genere dal dentista;

 – carie complicata o penetrante di grado 3 quando è interessata la polpa (l’insieme dei vasi e nervi dentali) e di grado 4 quando è coinvolto anche il parodonto, cioè l’osso e i legamenti che sostengono il dente. In tali casi si ha o un dolore acuto ( da pulpite nel grado 3) oppure un dolore diffuso a tutta la zona circostante mentre il dente cariato è silente per la sopravvenuta necrosi (morte) dei vasi e nervi dentali.

La terapia consiste nella semplice otturazione nei primi due gradi (carie semplice) e nella terapia endocanalare (devitalizzazione) nelle carie di grado 3 sino ala completa estrazione del dente ammalato nel grado 4.

Prof. Vito Tomasicchio